mercoledì 17 settembre 2008

Bocchino vuole sciogliere Azione Giovani.

Non sorprende che BOCCHINO - cognomen omen - voglia sciogliere AG: tanto già tutti i giovani se ne stanno andando. E' in questo senso significativo che il prode giannizzero del subacqueo giamaicano (che ha da poco sostituito nelle faccende domenistiche il promosso Ronchi) abbia citato la comunità virtuale di Tocqueville - di cui questo sito fa peraltro parte - per rendere l'idea che ha di militanza giovanile. Magari, mentre lo ho fatto, si riferiva al suo attuale faccendiere Gianmario MARINIELLO, il blogger aversano dirigente di AG assunto a Montecitorio per sbrigare le faccende di BOCCHINO, insomma per fare il servitore di un servitore. Il discorso di Bocchino per il percorso che sta seguendo nel PdL non fa una grinza, tranne sui numeri:
nel 1994 Il MSI-DN era al 15%, mentre nel 2006% AN non ha superato l'11%.

Ma che BOCCHINO, così come il suo assistente Mariniello, non sia "uomo" di scienze non è un mistero: entrambi non sono riusciti a conseguire la laurea in legge. Titolo che, evidentemente, non serve per fare carriera politica alle spalle di Fini.


IlGiornale:
Italo Bocchino è d’accordo con Gianfranco Fini, e molto critico con i giovani di An, e con i «malpancisti» che criticano lo strappo su Salò. «Le racconto un aneddoto. Un giorno, in un paese pugliese, un giovane del Fronte affrontò Tatarella chiedendogli: “Ci devi dire qual è la nostra identità!”. E Pinuccio, molto calmo. “La nostra identità è vincere. E poi portare al governo le nostre idee, grazie a quella vittoria”».
Perché mi ricorda questa massima tatarelliana?
«Spiega benissimo quel che sta accadendo».
Le critiche a Fini?
«Assurde. Era un discorso necessario, soprattutto nel contesto della nascita del Pdl, e dopo le polemiche sull’8 settembre. Non possiamo essere per sempre figli di un Dio minore».
Molti militanti sono scandalizzati.
«Di che? Sono idee normali per una destra europea, conservatrice, occidentale e moderna».
Ma non normali per chi viene dal Msi.
«Invece sì. Dev’essere chiaro che non può esserci alcun legame con retaggi storici che vanno superati. E quando necessario criticati».
Qual era l’ambiguità?
«La nostra destra non può essere tacciata di antifascismo».
A lei quanto costa, questo strappo?
«È il percorso di Tatarella, il mio maestro. Lo ritengo obbligato e naturale».
Ai giovani di Ag non piace.
«Ma se lo pongono il problema di essere rappresentativi del milione di giovani che hanno votato Pdl? Non sembra».
Sono l’organizzazione più forte.
«Sì, ma se uno naviga su Toqueville trova centinaia di ragazzi della destra moderna che non indulgono nella nostalgia».
È una critica?
«Il Fronte di Alemanno e di Gasparri rappresenta i suoi elettori. Ag oggi è un po’ autoreferenziale».
Ma i giovani di Ag si devono fondere con gli azzurrini?
«Mi pare un percorso assolutamente necessario».
Sono molto affezionati ai loro valori e alla loro identità.
«Non li capisco. Non è la libertà, come dice Fini, il valore più grande che abbiamo?».

Almirante diceva: «Non rinnegare, non restaurare».
«Ma santa pazienza, era il 1948! Se non si cambia in mezzo secolo si diventa dinosauri».
Ma lei è disposto a cambiare anche la sua identità?
«Io da Fiuggi a oggi sono cambiato moltissimo. In un mondo che corre chi non cambia è fuori dalla storia».
C’è chi sospetta che ai colonnelli lo strappo faccia comodo.
«Primo. Io tutt’al più sono maggiore, e per le mie scelte sono stato anche in minoranza. Secondo: prima di criticarli, questi colonnelli, bisognerebbe valutare i loro risultati nel modo giusto».
Quale?
«Hanno preso un partito al 3,9%, lo hanno portato al 12, lo hanno reso alleabile con una forza del 40% e hanno vinto tre volte. Le pare poco?».

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