giovedì 4 settembre 2008

Il voto? Diamolo agli stranieri e togliamolo agli italiani

In diverse email ieri mi è stato chiesto cosa io ne pensassi della proposta di Er Caghetta, alias Gianfranzo, alias il Giamaicano, alias il signor Tulliani di estendere il diritto di voto attivo all'amministrative anche agli immigrati.

All'essere morente che ha partorito la brillante idea mi accomuna solo la passione per l'attività subacquea. Solo che io, pur potendo fare una strage quando mi immergo, non sposto nemmeno una stella marina; Gianstronzo - invece - si fa portare nelle riserve marine protette frodando la legge. A dimostrazione del fatto che, almeno per ora, io non soffro di ebbrezza da potere.

Del Giamaicano mi irrita tutto, persino scriverne il nome, a tal punto che, quando sono costretto a citarlo, mi invento continuamente dei nomignoli.

Per me, per dirla con lo storico Giano Accame, è uno che "non sa un cazzo, ma lo sa dire molto bene" ed è, infatti, proprio il suo eloquio a permettergli di coltivare il suo smisurato egocentrismo e le sue smanie di protagonismo. A seconda del posto in cui si trova, recita quello che la platea vuole sentirsi dire. Non deve, quindi
sorprendere la sua proposta se si pensa al brodo di coltura in cui è maturata: la festa del Partito Democratico, la formazione di cui egli rimane a tutti gli effetti un mancato leader per averne, prima di tutti, tratteggiato i contorni nella sua moribonda AN.

La sua è una specie di "sinistra in ritardo" sul modello Sarkozy, una destra progressista (ossimoro voluto) che è tutta legge e ordine ma priva di idee. Per capirlo basta pensare alla defunta AN, partito che ha fatto passare ogni schifezza dell'asse forzaitalia-lega, ma che non ha mai proposto nulla di originale pur di avere l'innominato alla Camera e i portaborse 'GNAZIO, Gasparri RONCHI E MATTEOLI seduti comodamente.

In merito al voto agli immigrati, fosse per me, questo diritto lo toglierei persino agli italiani. Non lo scrivo per arroganza nè supponenza, ma solo perchè io stesso mi sono pentito di aver votato ogni volta che l'ho fatto. Se qualche straniero volesse esercitare il mio diritto, io glielo cederei volentieri.

Nell'Italia liberale prefascista il diritto di voto era riconosciuto solo per censo e a chi sapeva almeno scrivere. Oggi non dico che bisognerebbe ripristinare questi due requisiti - tanto più che ormai, visto che il briatorismo è cultura dominante, i ricchi sono sempre i più cafoni e ignoranti in circolazione - ma almeno che chi vota lo faccia con la capacità di intendere e volere.

Perchè, parliamoci chiaro, asserire che nel parlamentarismo gli eletti rappresentino il popolo, è una balla megagalattica.

E, allora, prima di estendere il diritto di voto anche agli immigrati, cerchiamo per una volta di essere onesti e spieghiamo loro come funzionano da noi le istituzioni.

Io non sono tanto sicuro che, a conti fatti, gli immigrati sarebbero contenti del pacco che gli vogliamo rifilare.

Pagare tante tasse per avere Andrea Ronchi ministro non è un buon affare, credetemi.

Shalom.

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