giovedì 30 aprile 2009

Perchè equiparare degli eroi ai partigiani?

Reduci della Rsi rifiutano indignati di essere equiparati agli irregolari al seguito dell'invasore

La proposta di legge che avrebbe equiparato partigiani e repubblichini “era contestata da tutte le parti, a cominciare da noi. Siamo stati combattenti di un esercito regolare e quindi non vogliamo usufruire di una legge che ci equipara ai partigiani italiani”. Gianni Rebaudengo, presidente del Raggruppamento Nazionale Combattenti e Reduci della Rsi, commenta così all’ADNKRONOS l’annunciato ritiro della Pdl che mette sullo stesso piano partigiani e repubblichini. “Si potrà parlare di una pacificazione nazionale quando verrà fuori la verità storica su tutto quello che è avvenuto in quegli anni. Da 60 anni vengono dette tutte le cose possibili e immaginabili nei nostri confronti, mentre dall’altra parte ci è voluto il libro di un antifascista, Giampaolo Pansa, per cominciare a svelare alcuni aspetti della Resistenza, per far emergere le prime fessure in un mondo di silenzio. Se si vuole la pacificazione in nome di una comune identità -prosegue Rebaudengo- allora scopriamo le carte, ma senza colpi di spugna per una sola parte”.

La proposta di legge sulla parificazione tra partigiani e repubblichini, che il premier Berlusconi ha annunciato sarà ritirata, “non interessa” gli ex combattenti della Rsi, che rivendicano il loro status di combattenti ‘legittimì a differenza dei partigiani. ネ quanto sottolinea l’Unione nazionale combattenti della Repubblica sociale italiana, in una nota firmata dal presidente, Ajmone Finestra. “Al Congresso nazionale dell’Unione, celebrato a Latina il 3 e 4 aprile - si legge nel comunicato - è stata esaminata la proposta di alcuni parlamentari di istituire una onorificenza ‘tricolore da conferire a partigiani e combattenti della Rsi, con annessa ricompensa in denaro. La proposta - sottolinea Finestra - è stata reiettata all’unanimità dai congressisti”. L’Unione combattenti della Rsi, infatti, “reclama il dovuto riconoscimento di combattenti regolari per i militari della Rsi: riconoscimento fatto dal nemico anglo-americano e frango-gollista e dal Supremo Tribunale militare italiano con sentenza n. 747 del 26 aprile 1954”. Una sentenza con la quale il Tribunale “ha riconosciuto come combattenti legittimi di uno Stato legittimo i militari della Repubblica sociale italiana, precisando che analogo riconoscimento non poteva essere esteso ai partigiani. Pertanto - conclude il comunicato - la vicenda e le polemiche sulla proposta parlamentare e sul suo ritiro, non interessano i combattenti della Rsi”.

Bene così, e si tenessero i 250 euro al mese per i quali i Reduci sarebbero stati parificati a chi collaborò con l'invasore. In Repubblica combatterono per l'onore, non per l'elemosina.

mercoledì 29 aprile 2009

29 aprile bandiere al vento: è un caduto un camerata, ne rinascon altri 100!

Sergio RAMELLI PRESENTE!

Ho trovato un bello scritto su Ramelli girando casualmente per la rete.
Se non è idoneo cancellatelo pure. E' la storia raccontata da un amico.

"Papà, dove vai ?", mi chiese lo scorso anno Mia Figlia vedendomi uscire con la faccia triste. "Da un Amico che non conobbi , ma che da morto sta sempre con me.", le risposi. E per questo le scrissi questa storia:

SERGIO RAMELLI 29 Aprile 1975-29 Aprile 2005.
Trent’anni,caro Sergio. Trent’anni che abbiamo vissuto,in cerca di un sogno. Trent’anni che a Te sono stati rubati,senza un perché.
Perché ricordarsi ancora di Sergio ? Perché i giovani conoscano un passato recente dell’Italia nata dalla resistenza durante il quale migliaia di giovani bollati come fascisti e picchiatori, furono in realtà vittime dell’odio insegnato ai figli dai padri ancora non sazi del sangue del 1945 e da cattivi maestri che tale odio coltivavano ed insegnavano. Perché tale odio oggi non ritorni e consegni le Tre Guerre Civili Italiane finalmente alla storia. Anche se,purtroppo, ancora oggi c’è chi plaude a chi lancia cavalletti ed inneggia agli assassini di Nassirya. E c’è chi urla, come il 25 aprile di quest’anno a Milano: ”Berlusconi , Albertini, farete la fine di Mussolini.”
Erano gli anni di “Uccidere un fascista non è reato” o di “Se vedi un punto nero spara a vista:o è un Carabiniere o è un Fascista”, ma anche di “Ora e sempre,resistenza !”. Erano gli anni non certo “formidabili” come qualcuno ha invece scritto . E dove purtroppo “la meglio gioventù” ghettizzava altra gioventù.
Erano gli anni in cui una famiglia normale fu colpita da una tragedia immane.
Sergio era nato il 6 luglio 1956,undici anni dopo la fine della guerra.
Giocava al pallone e tifava Inter. Gli piaceva Celentano. Portava i capelli lunghi e non amava il barbiere.Aveva un motorino,un Ciao . E si iscrisse all’Istituto Tecnico Molinari a Milano perché amava la matematica e la chimica. Anzi,avrebbe voluto laurearsi in chimica. Era bravo,e spesso passava i compiti ai compagni di scuola; generoso, allegro, mai uno screzio.
Aveva una ragazza, Flavia.
L’ultimo anno di scuola si venne a sapere che Sergio era di Destra,che frequentava il Fronte della Gioventù ed il MSI. E fu l’inizio di un calvario.
Come risulta dagli atti del processo contro i suoi assassini,Ramelli fu più volte prelevato a forza dalla sua classe e minacciato.
In seguito, in data 13 gennaio 1975 venne circondato in strada da 80 studenti e costretto a cancellare alcune scritte apparse sui muri del Molinari.
A scuola scrisse un tema contro le Brigate Rosse:e questo fu la sua condanna.
A fine gennaio il fratello Luigi,scambiato per Sergio,fu aggredito da due giovani con chiavi inglesi.
Il 3 febbraio ,mentre si recava a scuola col padre per presentare domanda di trasferimento ad altra scuola, venne costretto a passare nel corridoio dell’istituto tra due file di “compagni”, venne insultato e colpito, tant’è che svenne. Il Preside ed alcuni professori che scortarono padre e figlio fino all’uscita,vennero a loro volta malmenati.
Il 9 marzo Sergio e Luigi vennero assediati per mezz’ora in un bar di viale Argonne da una ventina di “bravi ragazzi” con bandiere rosse.
Anche un altro giovane di Destra del Molinari,Claudio N.venne picchiato e costretto al ritiro.
Infine, a coronamento del tutto, alle ore 13 del 13 marzo 1975, mentre appoggiava il motorino in Via Paladini , la vile aggressione: il “cosiddetto” servizio d’ordine della Facoltà di Medicina di Avanguardia Operaia lo circondò e lo colpì sulla testa con grosse chiavi inglesi, quelle Hazet 36 (fascio dove sei?, diceva un altro slogan) allora tristemente famose.
Ricoverato al Policlinico, alternò momenti d’incoscienza a brevi momenti di ripresa, fino a morire il 29 aprile.
Mentre Sergio era in coma, anche Luigi venne nuovamente minacciato. Il giorno prima della morte ci fu un corteo di “antifascisti” sotto casa Ramelli, con scritte e manifesti pieni di minacce.
Poi ci furono funerali quasi vietati, con i partecipanti costretti ad arrivare alla spicciolata, tutti fotografati dai compagni per un vero schedario che venne ritrovato mesi più avanti; il corteo impedito,il consigliere comunale missino Staiti ed alcuni ragazzi fermati dalla polizia, altri spintonati, un prete minacciato d’arresto perché protestava.
Questa la storia di allora:poi vi fu un processo dove gli assassini furono tutti condannati. Brave persone,si diceva . Certo, chi studiava Medicina come faceva a sapere l’effetto di una Hazet 36 calata con forza ripetutamente su una testa ? Ora sono tutti fuori,brave persone,con famiglia e figli….
Ed ora finalmente oggi, 29 aprile 2005 i giardini pubblici ,tra via Bronzino e via Pinturicchio della Sua, della mia Milano, saranno a Lui dedicati. Anche se c’è ancora molta gente che odia e che scrive sui muri, oggi come allora , ”Tutti i fascisti come Ramelli,con una riga rossa tra i capelli”…
Gente che ancora insegue chissà cosa, come alcuni partigiani che in questi giorni hanno distribuito in alcune Scuole Medie adesivi con sopra scritto “ora e sempre resistenza”. Fieri dell’Italia che costruirono. A loro dedico le parole dette da un religioso che portava il fazzoletto azzurro dei Volontari della Libertà alla vista dei Funerali Negati a Sergio: ”Non è questa l’Italia per la quale ho combattuto: questa non è un’Italia né LIBERA né DEMOCRATICA”.
Addio Sergio, Tu che conosci la Vera Pace in Cristo, prega per questa povera Patria insieme a tanti altri Camerati caduti in quegli anni ’70 ed a quei ragazzi che cercarono di salvare l’Onore della Patria dopo l’ 8 settembre.
A noi, sopravissuti di quell’era, resta il Tuo Ricordo e l’incarico di raccontare sempre questa tragedia di un giovane normale colpito da un odio senza perché.

"Salerno Futurista" lancia la campagna abbonamenti al "Grande Fratello salernitano".



Iniziativa goliardica da parte dell'associazione "Salerno Futurista - CasaPound Italia": nel pomeriggio il centro storico salernitano ha visto la comparsa di locandine pubblicitarie del nascituro "Grande Fratello" che il sindaco Vincenzo De Luca vuole creare con l'installazione di altre telecamere per un numero complessivo di 71 ( con una spesa di fondi europei e non di 1.140.000 € ). "La sicurezza è un tema importantissimo per la nostra citta' - afferma Guido D'Amore, segretario Salerno Futurista - ma non crediamo che trasformare il centro cittadino in un 'reality show' con una colossale violazione della privacy permetta di risolvere la situazione. Questo scenario orwelliano potrebbe essere evitato semplicemente potenziando il controllo sul territorio che soprattutto la notte è molto blando. Siamo pronti anche ad una petizione popolare".

martedì 28 aprile 2009

Onore e Dignità

Ventotto aprile

Benito Mussolini

Francesco Maria Barracu

Nicola Bombacci

Pietro Calistri

Vito Casalinuovo

Goffredo Coppola

Ernesto Daquanno

Luigi Gatti

Augusto Liverani

Ferdinando Mezzasoma

Mario Nudi

Alessandro Pavolini

Claretta Petacci

Paolo Porta

Ruggero Romani

Achille Starace

Idreno Utimpergher

Paolo Zerbino



Presente!
Solo borghesi e mercanti conoscono l'oblio della morte,chi muore combattendo rivive nella lotta della sua gente.

Un Presente per l'Ultimo dei Cesari ed i suoi Eroi!

mercoledì 22 aprile 2009

Il discorso di Ahmanidejd

Quello che segue è il discorso che il Presidente Iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha tenuto il 20 aprile alla conferenza sul razzismo Durban II, tenutasi a Ginevra

Signor Presidente, onorevole Segretario Generale delle Nazioni Unite, onorevole Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Signore e Signori:

Siamo qui riuniti per il proseguimento della conferenza di Durban contro il razzismo e la discriminazione razziale, per elaborare metodi pratici da adottare nelle nostre sacre campagne umanitarie.

Nel corso dei secoli trascorsi, l’umanità ha attraversato enormi sofferenze e dolori. Durante l’epoca medievale, filosofi e scienziati venivano condannati a morte. Poi seguì un periodo di schiavitù e di commercio degli schiavi. Milioni di persone innocenti vennero catturate, separate dalle loro famiglie, dai loro cari, per essere condotte in Europa e in America nelle condizioni peggiori. Si trattò di un periodo buio, fatto di occupazioni, saccheggi e massacri ai danni di quelle persone innocenti.

Dovettero passare molti anni perché le nazioni si risvegliassero per combattere in nome della loro libertà ed indipendenza, pagandole a caro prezzo. Milioni di vite andarono perse per cacciare gli occupanti e stabilire governi nazionali e indipendenti. Però i detentori del potere non impiegarono molto tempo ad imporre due guerre all’Europa, che afflissero anche parte dell’Asia e dell’Africa. Queste guerre orribili decimarono milioni e milioni di vite, lasciandosi dietro una massiccia devastazione. Fosse stata imparata la lezione impartita dalle occupazioni, dagli orrori e dai crimini di queste guerre, sarebbe spuntato un raggio di speranza per il futuro.

Le potenze vittoriose si atteggiarono a conquistatori del mondo, ignorando o calpestando i diritti delle altre nazioni attraverso l’imposizione di leggi oppressive e ordinamenti operanti a livello internazionale.

Signore e Signori, osserviamo dunque il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che è uno dei lasciti della Prima e della Seconda Guerra mondiale. Quale era la logica dietro la garanzia del diritto di veto per i suoi membri? Come può una tale logica soddisfare i valori spirituali e umanitari? Non parrebbe per niente conforme ai riconosciuti principi di giustizia, di eguaglianza davanti alla legge, dell’amore e della dignità umana? Non sembrerebbe piuttosto significare discriminazione, ingiustizia, violazione dei diritti umani o umiliazione della maggioranza delle nazioni e dei Paesi?

Il Consiglio è il più importante organismo mondiale in grado di decidere della sicurezza e della salvaguardia della pace internazionale. Come possiamo aspettarci la realizzazione della pace e della giustizia quando la discriminazione viene legalizzata e la fonte stessa del diritto è dominata dalla coercizione e dalla forza piuttosto che dalla giustizia e dal diritto?

La coercizione e l’arroganza sono l’origine dell’oppressione e delle guerre. Sebbene oggi molti fautori del razzismo condannano la discriminazione razziale a parole e negli slogan, un certo numero di Paesi potenti sono autorizzati a decidere in nome di altre nazioni sulla base dei loro propri interessi e a loro discrezione, potendo a loro volta violare facilmente tutte le leggi e i principii umanitari, come in effetti fanno.

A seguito della Seconda Guerra mondiale, hanno fatto ricorso all’aggressione militare per defraudare della terra un’intera nazione, avendo a pretesto la sofferenza degli Ebrei, ed hanno inviato immigrati dall’Europa, dagli Stati Uniti e da altre parti del mondo, con lo scopo di stabilire un governo completamente razzista nella Palestina occupata. E infatti, a compensazione delle spaventose conseguenze del razzismo europeo, essi hanno contribuito a portare al potere il più crudele e repressivo regime razzista in Palestina.

Il Consiglio di Sicurezza ha preso parte alla stabilizzazione del regime occupante, e l’ha sostenuto nei sessanta anni passati dandogli mano libera per commettere ogni sorta di atrocità. Ed è ancora più deplorevole che un certo numero di governi occidentali e degli Stati Uniti si sono impegnati a difendere quei razzisti autori del genocidio, mentre la coscienza lucida ed il libero pensiero delle persone sa condannare l’aggressione, le brutalità e i bombardamenti sui civili di Gaza. I sostenitori di Israele sono sempre stati complici o silenziosi di fronte ai crimini perpetrati.

Cari amici, eminenti delegati, Signore e Signori. Quali sono le cause profonde dell’ attacco statunitense all’Iraq o dell’invasione dell’Afghanistan?

C’è stata altra motivazione all’invasione dell’Iraq, oltre alla tracotanza della precedente amministrazione americana e alle crescenti pressioni da parte dei detentori di potere e ricchezza, intenzionati ad espandere la loro sfera di influenza, impegnati a rincorrere gli interessi dei giganti produttori di armi a danno di una nobile cultura con un bagaglio storico di migliaia di anni, e nello tempo tempo ad eliminare le minacce reali e potenziali al regime Sionista provenienti dai Paesi musulmani, conquistando il controllo e lo sfruttamento delle risorse energetiche del popolo iracheno?

Davvero, per quale ragione quasi un milione di persone è stato ucciso e ferito, e molti altri sono stati resi profughi? Perché il popolo iraniano ha dovuto soffrire perdite enormi, che ammontano a centinaia di miliardi di dollari? E perché i miliardi di dollari di queste azioni militari devono essere pagati dai cittadini americani? Non è vero che l’azione militare contro l’Iraq è stata pianificata dai Sionisti e dai loro alleati all’interno della precedente amministrazione statunitense con la complicità dei Paesi produttori di armi e dei detentori della ricchezza? E l’invasione dell’Afghanistan, ha forse ristabilito la pace, la sicurezza ed il benessere economico in quel Paese?

Gli Stati Uniti e i loro alleati non solo hanno fallito nel ridurre la produzione di oppio in Afghanistan, ma la sua coltivazione si è addirittura moltiplicata nel corso dell’occupazione. L’interrogativo fondamentale allora è – qual è stata la responsabilità e il ruolo svolto dall’amministrazione degli Stati Uniti e dei suoi alleati?

Erano lì in rappresentanza degli altri Paesi del mondo? Hanno ricevuto un mandato da essi? Sono stati autorizzati dai popoli del mondo ad interferire ovunque, e naturalmente soprattutto nella nostra regione? Oppure le iniziative intraprese sono un chiaro esempio di egocentrismo, di razzismo, di discriminazione o di violazione della dignità e dell’indipendenza delle nazioni?

Signore e Signori, chi è il responsabile dell’attuale crisi economica mondiale? Dove è cominciata? Dall’Africa, dall’Asia, o dagli Stati Uniti, per poi diffondersi attraverso l’Europa e i suoi alleati?
Per un lungo periodo di tempo, essi hanno imposto una regolamentazione economica iniqua, forti del loro potere politico. Hanno imposto un sistema finanziario e monetario privo di un appropriato meccanismo di controllo internazionale su nazioni e governi che non avevano alcuna parte negli orientamenti e nelle politiche di repressione. Non hanno neanche consentito ai loro cittadini di sorvegliare o monitorare le politiche finanziarie da loro adottate. Hanno introdotto una serie di leggi e regolamenti in spregio di qualsiasi valore morale, col solo obiettivo di difendere gli interessi dei possessori di ricchezza e dei detentori del potere.

Inoltre, hanno definito un concetto di economia di mercato e di competizione che ha negato molte opportunità economiche a disposizione di altri Paesi nel resto del mondo. Hanno persino affibbiato ad altri i loro problemi, mentre la crisi rimbalzava a ondate e affliggeva le loro economie con migliaia di miliardi di dollari di deficit di bilancio. E oggi pompano centinaia di miliardi di dollari di liquidi, presi dalle tasche dei loro cittadini e dalle altre nazioni, nelle banche che falliscono, nelle società e nelle istituzioni finanziarie, rendendo la situazione sempre più complicata sia per il sistema economico che per le persone. Sono semplicemente concentrati sul mantenimento del potere e delle risorse. Non potrebbe interessargli di meno dei loro cittadini, figuriamoci delle altre nazioni.

Signor Presidente, Signore e Signori, il Razzismo si sprigiona dalla mancanza di conoscenza del fondamento dell’esistenza dell’uomo come creatura prescelta da Dio. Rappresenta anche il prodotto della deviazione dal vero cammino della vita e dalle responsabilità dell’umanità nel mondo della creazione, laddove viene meno l’adorazione di Dio, e non si è più in grado di riflettere sulla filosofia della vita o sul cammino che conduce alla perfezione, gli ingredienti fondamentali dei valori divini e umani, per questa via restringendo l’orizzonte della visione dell’uomo e servendosi di interessi limitati e caduchi come parametro della sua azione. Questa è la causa per cui il potere maligno ha preso forma e ha accresciuto il suo regno di influenza, mentre altri venivano privati della possibilità di godere di eque e giuste opportunità di sviluppo.

Il risultato è stata la creazione di un razzismo a briglie sciolte, che pone le più gravi minacce alla pace internazionale, e che ostacola la strada alla costruzione di una coesistenza pacifica a livello globale. Certamente il razzismo è simbolo dell’ignoranza che ha radici profonde nella storia, e rappresenta, senza alcun dubbio, il segno della frustrazione nel progresso della società umana.

E’ dunque di importanza cruciale riconoscere le manifestazioni di razzismo nei singoli episodi e nelle società dove prevalgono ignoranza o difetto di conoscenza. Questa crescente consapevolezza generale e la comprensione della filosofia dell’esistenza dell’uomo sono lo strumento principale della battaglia contro le manifestazioni del razzismo, e rivelano la verità, secondo cui il genere umano si fonda sulla creazione dell’universo e la chiave per risolvere il problema del razzismo è costituito dal ritorno ai valori spirituali e morali e alla disposizione definitiva ad adorare Dio Onnipotente.

La comunità internazionale deve intraprendere iniziative collettive per risvegliare la consapevolezza nelle società afflitte, dove prevale tutt’ora l’ignoranza alla base del razzismo, così da arrestare la propagazione di queste manifestazioni maligne.

Cari Amici, oggi la comunità umana sta affrontando un genere di razzismo che sporca l’immagine del genere umano al principio del terzo millennio.

Il Sionismo Mondiale incarna quel razzismo che si affida falsamente alla religione e che abusa del sentimento religioso per celare il suo volto di infamia e di odio. Comunque, è di assoluta importanza portare allo scoperto gli obiettivi di alcuni dei poteri mondiali, e di quanti controllano enormi risorse economiche ed interessi a livello globale. Essi mobilitano tutte queste risorse, inclusa la loro influenza economica e politica sui media mondiali, per garantire un sostegno vano al regime Sionista e per sminuire colpevolmente l’indegnità e il disonore di questo regime.

Questa non è semplicemente una questione di ignoranza, e non si possono ridurre simili fenomeni a campagne di rappresentanza. Devono essere compiuti dei tentativi per porre fine all’abuso dei Sionisti e dei loro sostenitori politici internazionali, nel rispetto della volontà e delle aspirazioni di ciascuna nazione. I governi devono essere incoraggiati nelle loro battaglie volte a sradicare questo razzismo barbarico, e a procedere ad una riforma delle attuali procedure internazionali.

Non c’è dubbio che voi tutti siate consapevoli delle cospirazioni di alcuni poteri e dei circoli Sionisti, che sono in contrasto con gli scopi e gli obiettivi che si pone questa conferenza. Disgraziatamente, ci sono scritti e dichiarazioni a supporto dei Sionisti e dei loro crimini. Ed è dovere degli onorevoli rappresentanti delle nazioni svelare queste trame che procedono in senso opposto ai valori e ai principii umanitari.

Dovrebbe essere riconosciuto che boicottare una conferenza come questa, di straordinario livello internazionale, è un’indicazione evidente di supporto ad un esempio di razzismo manifesto. Nell’ambito della difesa dei diritti umani, è di prioritaria importanza difendere il diritto di tutte le nazioni ad un’equa partecipazione a tutti i processi di decisione internazionale, al riparo dell’influenza di certi poteri mondiali.

In secondo luogo, è necessario procedere ad una ristrutturazione delle organizzazioni internazionali esistenti e ai loro rispettivi ordinamenti. Ecco perché questa conferenza è un banco di prova, e l’opinione pubblica mondiale di oggi e di domani valuterà le nostre decisioni e le nostre azioni.

Signor Presidente, Signore e Signori, il mondo sta per affrontare fondamentali e rapidi cambiamenti. Le relazioni di potere sono diventate deboli e fragili. Il rumore delle crepe nei pilastri del sistema mondiale si può avvertire con chiarezza. Le più importanti strutture politiche ed economiche sono sull’orlo del collasso. All’orizzonte compaiono crisi politiche e di sicurezza. Il peggioramento della crisi economica, per cui non si riesce ad intravedere una prospettiva brillante, dimostra un’onda crescente di cambiamenti globali di lungo termine. Io ho ripetutamente enfatizzato la necessità di un cambiamento della direzione sbagliata verso cui il mondo è condotto oggi, e ho anche ammonito sulle funeste conseguenze in caso di ritardo di fronte a questa responsabilità cruciale.

Ora, nel corso di questo notevole evento, vorrei annunciare a tutti i leaders, agli intellettuali, alle nazioni del mondo presenti a questo incontro e a tutti coloro che aspirano alla pace e al benessere economico, che l’iniqua gestione economica del mondo è giunta al capolinea. Lo stallo era inevitabile, data la logica oppressiva e impositiva della gestione.

La logica di una gestione collettiva degli affari del mondo si basa su aspirazioni nobili, a loro volta imperniate sugli esseri umani e la supremazia di Dio l’Onnipotente. Perciò rifiuta qualunque politica o progetto che va contro l’influenza delle nazioni. La vittoria del bene sul male e la fondazione di un sistema mondiale giusto sono state promesse dall’Onnipotente e dai suoi messaggeri, ed è stato un obiettivo condiviso degli esseri umani appartenenti alle più diverse società nel corso della storia. La realizzazione di un simile futuro dipende dalla conoscenza della creazione e dalla fede.

La creazione di una società globale è infatti la realizzazione di un obiettivo nobile, raggiunto dalla costituzione di un sistema comune retto dalla partecipazione di tutte le nazioni del mondo a tutti i principali processi di decisione, e aderendo senza indugio a questo obiettivo.

Le capacità tecniche e scientifiche, così come la tecnologia delle comunicazioni, hanno reso possibile una comprensione comune e diffusa della società, e hanno reso disponibile la necessaria piattaforma per un comune sistema. Ora sta agli intellettuali, ai filosofi, ai politici adempiere alla loro responsabilità storica, credendo fermamente a questa idea.

Voglio anche porre l’accento sulla circostanza che il liberalismo ed il capitalismo occidentali hanno raggiunto il loro punto terminale anche in virtù della mancata percezione della verità relativa al mondo e agli esseri umani, per ciò che realmente sono.

Essi hanno imposto i loro propri obiettivi e la loro guida agli esseri umani, senza riguardo alcuno per i valori umani e divini, la giustizia, la libertà, l’amore e la fratellanza, ma vivendo esclusivamente in funzione di una competizione esasperata, e sull’assicurazione di interessi individuali e di gruppo di natura materiale.

Adesso dobbiamo imparare dal passato intraprendendo sforzi collettivi per affrontare le sfide presenti, ed a questo proposito, e a chiusura del mio intervento, vorrei attirare la vostra attenzione sui due aspetti importanti:

Primo, è assolutamente possibile migliorare la situazione esistente al mondo. Ma ciò può essere fatto solo attraverso la cooperazione di tutti i Paesi, in modo da sfruttare al meglio le potenzialità e le risorse esistenti. La mia partecipazione a questa conferenza è motivata proprio dalla convinzione in questa soluzione, e nella nostra comune responsabilità nella difesa dei diritti delle nazioni, di fronte alle sinistre manifestazioni del razzismo e schierandoci al vostro fianco, i filosofi del mondo.

Secondo, tenendo presente l’inefficienza degli attuali sistemi politici, economici e di sicurezza internazionali, è necessario concentrarsi sui valori umanitari e della fede, facendo costante riferimento alla vera definizione di esseri umani, che si basa sulla giustizia e sul rispetto dei diritti di tutti i popoli di tutti i luoghi del mondo, e riconoscendo gli errori trascorsi nella passata amministrazione fondata sul dominio, così da adottare misure collettive per riformare gli ordinamenti esistenti.

In questo senso, è di importanza cruciale una rapida riforma del Consiglio di Sicurezza, compresa l’eliminazione di un diritto di veto discriminatorio, ed il cambiamento dei sistemi finanziari e monetari mondiali.

E’ chiaro che sottovalutare l’urgenza del cambiamento equivale a sopportare costi di ritardo ancora più gravi.

Cari Amici, siate consapevoli che il movimento in direzione della giustizia e della dignità umana è come lo scorrere veloce di un fiume. Facciamo in modo di non dimenticare l’essenza dell’amore e dell’affetto. Il promesso futuro degli esseri umani è una ricchezza enorme che può servire i nostri propositi di costruire un mondo nuovo restando uniti.
Per fare del mondo un luogo migliore, colmo di amore e di benedizione, un mondo senza povertà né odio, benedetto dai crescenti doni di Dio l’Onnipotente e da una virtuosa condotta del perfetto essere umano, stringiamoci le mani in amicizia, per il raggiungimento di un simile nuovo mondo.

Ringrazio il Signor Presidente, il Segretario Generale e tutti gli illustri partecipanti per aver avuto la pazienza di ascoltarmi. Grazie di cuore.

Mahmud Ahmadinejad


Traduzione per EFFEDIEFFE.com a cura di Milena Spigaglia

lunedì 20 aprile 2009

Cosa loro Sessantuno anni fa si ufficializzava il regime nato dal patto Mafia-DC

Il 18 aprile 1948 il trionfo elettorale della DC inaugurava un lunghissimo regime di palazzinari, padrini e lacché, fondato su spartizione di bottino, corruttela morale e consociativismo assistenziale. Era il teminale amministrativo scelto dagli invasori angloamericani e risultante dell'accordo tra Mafia e DC. Avrebbe costituito un vero e proprio regime che amministrò e depredò l'Italia per quarantaquattro anni consecutivi.

Il medesimo regime che si mise a costruire le case che crollano, vendute quattro volte il loro costo per le speculazioni e le tangenti. Il regime dell'assistenzialismo tangentista e della furba sottomissione ai potenti internazionali. Di quel regime c'è ancora nostalgia presso le cerchie politicanti. Tra i politici, e fortunatamente solo tra loro, ce n'è dovunque: lo vorrebbero riproporre Fini, Di Pietro, Casini e Franceschini, che sembrano agire di comune accordo su ogni cosa. Lo rimpiange buona parte della sedicente opposizione di destra, clericale e sempre più nostalgica della Prima Repubblica e delle distribuzioni di proventi offerte dal proporzionalismo elettorale e dall'assenza di sbarramenti. L'Italia non sta proprio bene ma c'è il forte rischio che stia peggio. Quel peggio che piace ai politicanti di mestiere, a coloro che non servono il popolo ma che si servono dell'esistenza di un popolo in realtà massificato. Quel modello inaugurato sessantuno anni fa e che non è del tutto morto, malgrado la caduta del Muro di Berlino gli abbia dato uno scossone che, purtroppo, è venuto da fuori visto che l'Italia che si era andata cementando era passiva, assistenzialista, ladra e serva. Aria pura. Ci serve aria pura!

TRATTO DA NOREPORTER.ORG

sabato 18 aprile 2009

Intervista di Claudio Sabelli Fioretti a GIANO ACCAME del 2004.

Quando Gianfranco Fini, segretario di An, a Gerusalemme ha detto che la Repubblica Sociale di Salò era il Male Assoluto, Giano Accame, intellettuale «storico» della destra italiana, ex direttore del Secolo d’Italia, è stato uno dei più violenti a reagire. Al convegno organizzato da Storace all’Hotel Hilton di Roma ha detto che il grosso problema di Fini è l’intelligenza che gli manca. Accame, uno dei pochi esponenti della destra stimato dagli intellettuali della sinistra, è ormai un vecchio signore fuori dai giochi politici (fu anche braccio destro di Randolfo Pacciardi nell’effimero movimento di Nuova Repubblica). Dalla sua bella casa affacciata sul Tevere, manda articoli e saggi a quotidiani e riviste di area concedendosi ogni tanto a qualche comparsata televisiva. Rispetto ai tempi in cui, da eretico e da anarchico, combatteva la sua battaglia a destra (giovanissimo, partì volontario repubblichino proprio l’ultimo giorno di guerra) ha attenuato la sua militanza politica. Ma sulla svolta di Gerusalemme si infiamma. Mi dice: «Sei davanti al Male Assoluto».
Male Assoluto per un giorno solo.
«Solo il 25 aprile del 1945».
Agli sgoccioli.
«Ero un ragazzino obbediente. Avevo concordato con i miei di partire finita la seconda liceo, a giugno. Ma le cose precipitavano e preso dall’angoscia che la guerra finisse prima di potervi partecipare, partii, proprio il 25 aprile. Mio padre non si oppose. Anche lui era rimasto amareggiato per non essere arrivato a tempo a prendere parte alla prima guerra mondiale».
Che cosa hai fatto quel giorno?
«Ho tentato di andare da Brescia a Milano su una Topolino. Mi hanno arrestato subito».
Quanto è durata la prigionia?
«Una dozzina di giorni. Poi sono scappato».
Avventuroso.
«Mah, diciamo che durante un trasferimento, nella confusione, me ne sono andato. E nessuno mi è corso dietro».
Non è stata una grande esperienza di guerra.
«Ho sparato un caricatore, visto che tutti sparavano, non sapevo bene a chi».
Bravo a salire sul carro del perdente.
«Volevo partecipare al canto del cigno, alla fine eroica della Repubblica Sociale».
Eri fascista anche da ragazzino?
«Sono stato balilla e avanguardista, ma non mi sentivo molto fascista fino all’otto settembre, quando ho visto il tradimento, la gente che si rallegrava per la sconfitta». La fine di una dittatura è un sollievo.
«Ma non si può gioire per la sconfitta. Noi avevamo sentito, sui banchi delle elementari, che il Duce ci aveva dato un impero, che dovevamo tornare, un po’ come gli antichi romani, ad essere importanti. Da ragazzini noi amavamo la guerra e aspettavamo il momento di dimostrare il nostro valore».
Fini non ti piace più.
«Un tempo dicevo di lui: “Fini non sa un cazzo ma lo dice benissimo”».
In fondo la destra ha fatto quello che aveva già fatto la sinistra.
«La destra dalla storia e dal passato trae vantaggi anche elettorali. Nel bagaglio dei ricordi le famiglie si tramandano rancori, dolori, orgogli, anche errori da riconoscere. Adesso che cosa è Fini? Un trovatello della storia».
Ha avuto la sua convenienza.
«È come dire: ho scaricato quella vecchia matta di mia madre, ma acchiappo altrove una mezza dozzina di vecchiette più ragionevoli. Il calcolo elettorale è ripugnante».
Anche la sinistra ha rinnegato i suoi padri.
«Non mi piace un’Italia che si rinnovi attraverso i rinnegamenti e una destra che incalza la sinistra vantandosi: noi abbiamo rinnegato più di voi. Rischiamo di diventare un popolo di rinnegati. Chi rinnega la Dc, chi Craxi. Indecente».
Chi è voltagabbana a sinistra?
«Quelli che erano iscritti al Pci ma dicono che non sono mai stati comunisti. Quelli alla Veltroni che fanno i congressi con gli slogan americani, I care, e fanno venire a cantare Sting, in un Paese dove la sinistra ha un patrimonio sconfinato di cantautori».
Dopo la guerra molti fascisti scomparvero e ricomparvero nelle fila della sinistra.
«Ricordo il mio maestro di quinta. Lo adoravo. Era ufficiale della milizia. Finì prigioniero negli Stati Uniti. Lo rincontrai antifascista e pieno di rancore contro chi lo aveva portato alla sconfitta. Voltagabbana erano anche tutti quegli intellettuali che pigliavano soldi dal ministero della Cultura Popolare e poi, nei quarantacinque giorni di Badoglio, si riciclarono velocemente. Venivano chiamati “i canguri giganti”. Col tempo però ho capito la dignità e le motivazioni del cambiare idea. Se ti ha affascinato un partito che nasce dalla vittoria ma ti porta alla sconfitta, hai diritto di voltargli le spalle e cercare altre soluzioni».
Un nome di voltagabbana?
«Qualcuno considera voltagabbana Dini. Ma lì c’è la presunzione del banchiere di essere al di sopra di qualunque posizione partitica».
La presunzione del banchiere?
«Nei momenti di crisi spesso ci si rivolge ai militari. In Italia ci si è rivolti ai banchieri. Sono tanti i banchieri chiamati in politica senza aver mai preso un voto. Rainer Masera, Piero Barucci, Paolo Baratta, Paolo Savona. Almeno Dini poi si è fatto eleggere. Ma Ciampi no. Questo è il vero voltagabbanesimo della sinistra: aver messo negli anni Novanta il Paese nelle mani dei banchieri che vediamo adesso, con il caso Parmalat, che razza di imbecilli sono».
Banche e comunismo.
«Un esempio di voltagabbana? Massimo D’Alema. Senza cambiare partito, ha cambiato concezione di vita. Pensa al servizio fotografico sulla sua barca. Lui che è arrogante di natura, spocchioso, primo della classe, con quelle foto voleva accreditarsi di fronte ai padroni, mostrarsi tranquillizzante, proprio come uno di loro».
Che cosa pensi dell’adulazione?
«È pericolosa e insidiosa. Pensa alle recenti lodi che hanno sommerso Fini. Un mio amico, Antonio Pantano, grande cultore di Ezra Pound, dice che ormai il suo nome va pronunciato alla francese, “Finì”, finito, seppellito dalle lodi degli avversari».
Alla festa di Forza Italia c’era adulazione?
«Come in tutte le grandi convention di vendita. Dove si premia chi ha ottenuto i maggiori profitti. Marketing».
E quando Berlusconi faceva quelle domande retoriche a cui tutti quanti dovevano rispondere sì o no?
«Era la parodia del discorso alle folle di Mussolini dal balcone di piazza Venezia».
Gli intellettuali di destra sono sempre stati poco organici rispetto al Msi. Cardini, Tarchi, Veneziani, Gianfranceschi, De Turris, Lanna, Guerri. Tutti eretici, tutti anarchici.
«Alcuni sono stati trattati male. Marco Tarchi, per esempio, divenne anarchico per offesa ricevuta. Vinse il congresso giovanile e Almirante fece segretario nazionale Fini che era arrivato quarto».
In compenso sono corteggiati dalla sinistra. Come Veneziani.
«È il più produttivo, dotato e scrive cose intelligenti. È il Prezzolini della nuova generazione».
Aveva ragione Donna Assunta Almirante quando diceva che Fini era un vassallo di Berlusconi?
«No. Una volta Fini era l’alleato imbarazzante nel Polo. Oggi imbarazzanti sono Berlusconi e Bossi mentre lui rappresenta la parte ragionevole e si sbraccia per farlo notare. Aver rovesciato questo pregiudizio è stato un grande successo. E anche il personale politico di An è di buon livello: Alemanno, Urso, Matteoli, Storace».
Una volta dicevi: dietro Fini ci sono dei miracolati, dei colonnelli che sembrano caporali, gente che non legge… Ti riferivi proprio a Storace, a La Russa, a Gasparri.
«Era un giudizio forse eccessivo».
Di Gasparri dicono che non legge nemmeno le leggi che scrive.
«Sì, i maligni dicono che la legge sulla tv gliel’ha consegnata l’ufficio legale di Berlusconi. Però Gasparri è un grande lavoratore, un culo di piombo. Mentre Fini è pigro, si stanca facilmente».
Raccontami la tua giovinezza.
«Madre tedesca, padre ufficiale di marina. Infanzia a Monfalcone. Scuole quasi tutte alla Spezia. Poi Spalato».
Ricordi qualche amico?
«Il mio compagno di banco di Spalato, Enzo Bettiza. Ma lui non ricorda me. Mi ha rimosso. Si è costruito uno scenario alla Buddenbrock, con la sua straordinaria famiglia circondata da uno stuolo di servitori croati, bosniaci e serbi. In questo scenario io non ci sto e lui ha dimenticato anche quando lo andavo a trovare nella sua cameretta da ammalato».
Il tuo mito?
«La decima Mas».
Le canzoni?
«Vieni, c’è una strada nel bosco, il suo nome conosco, vuoi conoscerlo tu. E poi tutte le canzoni patriottiche. Tranne Vincere che portava jella».
La carriera politica?
«Ho fondato la sezione di Loano del Fronte degli Italiani, una formazione antecedente al Msi. Dopo un paio di mesi confluimmo nel Msi».
Poi la politica universitaria a Milano.
«Il Fuan. A Roma si chiamava Caravella, a Milano Carroccio. Erano tempi in cui destra e sinistra si parlavano. I comunisti ci invitavano ai loro convegni. A Roma Rauti parlava con Berlinguer. Io incontrai il figlio di Longo. Ricordo anche una bella ragazza, Lu Leone».
Poi arriva il ’68.
«Ruppi col Borghese proprio per questo. Eravamo contro il sistema ben prima del movimento studentesco. Molti dei nostri ragazzi si avvicinarono alla contestazione. Io capivo meglio questo fenomeno perché avevo aderito a Nuova Repubblica di Randolfo Pacciardi dove erano molto forti gli universitari di Primula Goliardica, Enzo Maria Dantini, Franco Papitto, Franco Oliva».
Con voi c’era anche Baget Bozzo.
«Sì. Disse che la Madonna lo aveva mandato da noi».
In Forza Italia l’ha mandato lo Spirito Santo.
«Don Gianni è un grande cappellano di corte portato ogni volta a sinceri e sconfinati entusiasmi».
Quando vennero fuori i documenti del «golpe bianco» di Sogno tu risultasti ministro della Pubblica Istruzione.
«Vanterie di una persona anziana che voleva stupire. Sogno era intelligente, simpatico, coraggioso. Ma era il birichino di mammà».
Il governo del golpe bianco esisteva o no?
«Secondo l’elenco di Sogno c’erano quelli informati del golpe, come Pacciardi e Brosio, che guarda caso erano tutti morti. Poi quelli ancora viventi che si supponeva avrebbero aderito, ma non ne sapevano niente, segnati con l’asterischetto».
Tu eri con l’asterischetto?
«Certo. Ma non mi dava fastidio essere indicato come golpista. Semmai mi seccò essere indicato come ministro della Pubblica Istruzione e non degli Interni».
Hai mai sognato un golpe?
«Una certa spinta poteva anche avvenire. Ma Pacciardi sosteneva sempre che non ci si può sedere sulle baionette. E quindi offriva a un’eventuale iniziativa militare una soluzione politica. Tipo De Gaulle, e non come Praga o il Cile».
Ne parlavate?
«Certo che ne parlavamo. Dovevamo in continuazione difenderci dalle accuse di golpismo. Il sistema partitocratico aveva paura di Pacciardi perché rompeva dal di dentro. Era stato il miglior ministro della Difesa e godeva di grande prestigio negli ambienti militari».
Avete mai pensato seriamente a un golpe?
«Siamo stati molto più impegnati a difenderci dalle accuse».
Diciamo 90 per cento a difendervi e 10 per cento a pensarci?
«Odio i velleitarismi. Uno le cose le fa oppure non se ne vanta».
Ma voi ci pensavate?
«Non l’abbiamo fatto».
Sei un’anguilla. Non l’avete fatto solo perché non eravate in grado? Oppure eravate contrari?
«Eravamo contrari ad essere accusati per queste cose».
Insomma non mi vuoi rispondere.
«No».
Tu vieni definito terzomondista, anticapitalista, antiamericano. Dovresti iscriverti a Rifondazione Comunista.
«Sono solo venature».
Sei antiamericano?
«No. Ma mi dispiace che ci abbiano battuti. E che adesso pretendano di rifare l’impero romano. Trovo Bush persino fisicamente ridicolo. Quando si muove sembra un cow boy uscito da Mezzogiorno di fuoco. Il fatto che piaccia agli americani mi fa temere per le sorti del genere umano».
Da qualche settimana facciamo il gioco del governo trasversale. Chi prenderesti di sinistra?
«Gianni Borgna, assessore alla cultura qui a Roma. Lo farei ministro della Pubblica Istruzione. Fausto Bertinotti anche se è così retrò nel suo antifascismo. È un soldatino che combatte ancora battaglie vinte sessant’anni fa e fa di tutto per piacere alle signore. Ministro del Lavoro».
Come dare benzina a un pompiere.
«Quando vanno al governo si moderano, diventano responsabili. Giampiero Mughini, ministro dello Sport. È juventino fazioso, ma in fondo è buono. Massimo Cacciari. È stato il primo a sinistra a parlare bene di me. Pochi in Italia conoscono come lui la cultura tedesca di destra. Ministro dei rapporti con l’Europa. E alla Difesa Marco Minniti, che mi ha confessato la sua emozione perché da sottosegretario all’Aeronautica usava l’ufficio di Italo Balbo».
Il saluto romano, chiamarsi camerata, la camicia nera, il pellegrinaggio a Predappio. Come sei messo con queste cose?
«La fedeltà è come la verginità. A vent’anni può avere un sapore. Sessant’anni dopo un po’ meno. Le testimonianze di fedeltà si esauriscono coi ricambi di generazione. Ma il fascismo è stato un periodo di una creatività tale che ti fa anche sopportare il ridicolo di alcuni riti».
Vi chiamate ancora camerata fra voi?
«Qualche volta».
La camicia nera ce l’hai?
«L’ho comprata tre anni fa».
Perché?
«Tutti hanno una camicia nera».
Il saluto romano?
«Ai tempi l’ho fatto. Ora non più».
Sei andato a Predappio?
«Molti anni fa. Ecco, se dovessi tornare a Predappio farei il saluto romano».
Con la camicia nera?
«No. Per pudore».
Facciamo il gioco della torre. Vespa o Costanzo?
«Butto Vespa. Se uno cerca l’immagine del cortigiano di regime, eccolo, è lui. Un vero adulatore. Di chiunque conti. È uno che sa misurare chi sale e chi scende».
Bossi o Fini?
«Bossi, che voleva usare la bandiera come carta igienica».
Gasparri o La Russa?
«Gasparri è talmente antipatico che per buttarlo giù c’è la fila. Allora butto La Russa».
Perché?
«Per il suo accanimento contro la grazia a Sofri e contro l’indulto. Chi ha fatto parte di una destra perseguitata dovrebbe aver maturato maggior comprensione per i vinti, per chi sta in prigione».
Fassino o D’Alema?
«Fassino mi sembra un po’ troppo cortigiano verso la Fiat e i poteri forti».
Feltri o Belpietro?
«Feltri carica troppo le dosi in un periodo di passioni spente. Crede di essere ancora al 18 aprile del 1948».
Mussolini o Santanché?
«Butto subito la Santanché».
Fascismo salottiero?
«Solo sguaiato esibizionismo mondano. Di questo passo La Russa candiderà per An anche Marta Marzotto».
Se uno non ti conoscesse e ti sentisse solo parlare, capirebbe che sei di destra?
«Una sera ero a cena da Mughini. C’erano Paolo Mieli, Fiamma Nierenstein, Andrea Marcenaro e sua moglie Franca Fossati. La Fossati commentò con il marito: “Bravo quel compagno!” Sembra a volte che gli estremi si tocchino».
Come voterai alle prossime elezioni?
«Quando ho votato (non sempre) ho votato per i camerati. Ma Fini il mio voto se lo sogna».

venerdì 17 aprile 2009

Giù citta vecchia e nuova. In piedi quella fascista

Dall’inviato a L’Aquila Miska Ruggeri
All’Aquila, come chiunque ha potuto constatare attraverso giornali e televisioni, è venuto giù quasi tutto. Villette di periferia costruite da una manciata di anni in (teorico) cemento armato, palazzi del Settecento, chiese del Trecento, campanili ottagonali di trenta metri, mura medievali restaurate di recente, case popolari degli anni Sessanta, silos di acciaio nella zona industriale… eccetera eccetera.
Con una sola vistosa eccezione: le opere dell’architettura fascista.

SOLIDITÀ CERTIFICATA
Basta una breve passeggiata nel martoriato centro storico della città per trovare tanti esempi. Ne scegliamo qualcuno quasi a caso. Iniziando dalla piazza della Fontana Luminosa. Ebbene, qui, a testimonianza della solidità delle costruzioni, addirittura i due comandi mobili dei Vigili del fuoco, che provvedono a organizzare per gli sfollati le “incursioni protette” nelle case per il recupero di oggetti preziosi e vestiario, sono addossati a una sede della Carispaq e a una palazzina di studi professionali e uffici (compresa la locale redazione del Messaggero), entrambe risalenti agli anni Trenta. A poche decine di metri, oltre il circolo del tennis, la coeva Piscina comunale, una delle prime piscine coperte d’Italia, è intatta. Nemmeno una scalfittura sulle pareti esterne.Nella zona dell’ormai famigerata via XX settembre, dal lato della Villa comunale, ecco quindi la chiesa del Cristo Re, con la sua bella datazione al 1934 in numeri romani. Si è rotto un unico piccolo vetro, come se invece di un tremendo terremoto avesse subito la pallonata di un ragazzino. Accanto, la vecchia sede dell’Isef (ex Gil), con qualche segno e screpolatura, epperò agibile.

LA CASA DI VESPA

Se poi passiamo alle abitazioni private, l’intero quartiere della Banca d’Italia, realizzato prima della Seconda guerra mondiale per i dipendenti delle Officine Carte e Valori, è perfettamente integro. Non è saltato neppure un mattone del rivestimento. Stesso discorso per le case dell’Incis in via Duca degli Abruzzi (la stessa in cui si è sbriciolato l’omonimo hotel), dove abitava anche, da adolescente, il giornalista Bruno Vespa.

Sotto il regime, evidentemente, i controlli funzionavano e le cose erano fatte per durare. Ogni edificio doveva essere, per dirla con il poeta latino Grazio, un monumentum aere perennius. Non solo i luoghi istituzionali, ma anche le abitazioni destinate ai semplici cittadini.

IL PODESTÀ BENEMERITO

A questo punto, almeno, si spera che non venga più in mente a nessuno di contestare, come è stato varie volte fatto in passato (il diessino Fabio Mussi chiese persino l’intervento censorio di Silvio Berlusconi), l’intitolazione della piscina comunale ad Adelchi Serena (1895-1970), ex podestà dell’Aquila dal 1926 al 1934, quindi vicesegretario nazionale del Pnf e ministro dei Lavori pubblici. Quando c’era lui, se non altro, le costruzioni venivano fatte bene. Con quello che si vede in questi giorni, e dinanzi alla «madre di tutte le inchieste» annunciata dal procuratore capo Alfredo Rossini, non è poco.

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L'unico male assoluto è la menzogna, l'incompetenza, la corruzione, l'ignoranza.

Onore a Giano ACCAME.

di Francesco Storace

Sono stato a casa di Giano Accame e ho provato una fortissima stretta al cuore nel vederlo in quella bara, in camicia nera. Un grande uomo libero dal quale non poter più imparare nulla.
Resta nella storia della nostra cultura.
Resta di lui una splendida famiglia, una donna forte che lo ha amato per cinquant’anni, la fierezza nello sguardo di Nicolò e delle sue sorelle.
Sono stato redattore al Secolo d’Italia con la sua direzione. Un periodo di enorme formazione per me e per tanti di noi. Momenti anche di straordinario conflitto e passione, come si conviene agli spiriti liberi.

Ricordo anche il memorabile Giano dell’Hilton, autenticamente offeso dopo le incredibili conversioni di Fini a Gerusalemme. E davvero poco importa se negli ultimi tempi aveva ripreso relazioni con parti politiche da cui eravamo distanti. La libertà di questo grande intellettuale della destra non l’avrebbe potuta imprigionare nessuno.
Rispettato da tutti, sinistra compresa.

Saremo in tanti, credo, al suo funerale, domani mattina a Roma.
Glielo dobbiamo, tristi per la sua scomparsa. 81 anni vissuti appassionatamente, sciabolando di qua e di là, con la superba umiltà di chi con la parola sapeva donare cultura anche ai più umili.
No, non si vantava dei libri che aveva scritto e letto; era felice quando incrociava la fierezza.
Abbraccerà Peppe Dimitri e da lassù veglierà su tutti noi.

Giano Accame, ultimo ragazzo di Salò.

Addio all'intellettuale di destra amato a sinistra. Esempio di coerenza e democrazia.

Schivo com'era non mi aveva fatto sapere niente della sua malattia. Sicché alla sua morte non ero neppure lontanamente preparato, tanto che contavo di andargli a fare visita tra qualche giorno. Non mi sorprende pensandoci adesso che non c'è più: Giano Accame era fatto così. I suoi dolori privati (e quanti ne aveva avuti!) se li teneva per sé come se provasse fastidio a coinvolgere gli amici nelle sue pene, a farli partecipi di ciò che poteva turbarli. Era un uomo antico che manifestava con parsimonia i suoi sentimenti, la delicatezza del suo animo, le intime gioie come le sofferenze più acute. E soprattutto era votato ad una impersonalità attiva che lo portava a privilegiare la diffusione delle idee, la conoscenza, una certa visione del mondo e della vita piuttosto che la rappresentazione di se stesso. Perciò con coerenza non cercava il proscenio, ma piuttosto i sentieri impervi che lo portavano di frequente laddove non c'era nessuno, uno spazio ideale e culturale che ha dovuto faticare non poco per far uscire dall'ombra. L'attraversamento del bosco, metafora jungeriana alla quale Accame era particolarmente affezionato, gli ha fatto incontrare i suoi simili e coloro che erano profondamente diversi da lui. Con tutti è riuscito, in sessant'anni di attività intellettuale e politica, a stabilire un dialogo che superasse le lacerazioni proprie della modernità fino a trovare sintonie quasi irreali in un modo dominato dalle apparenze. È stato così che s'è imposto, nonostante le diffidenze dominanti, all'ammirazione di coloro che non ha mai reputato nemici e neppure avversari, ma soltanto di opinioni dissimili dalle sue. E per questa via, certamente non agevole, forse più di altri della sua generazione ha contribuito alla legittimazione di quella che può darsi impropriamente chiamavamo "cultura di Destra" al tempo delle contrapposizioni radicali e delle feroci discriminazioni civili. Ma il cosiddetto "superamento degli steccati" per Accame non è mai stato l'alibi per annacquare le proprie idee, per contrabbandare la sua particolare concezione della storia e soprattutto la percezione che aveva interiorizzato del Novecento. Si metteva all'ascolto e riusciva a cogliere le contraddizioni degli interlocutori più attrezzati, ma in buona fede, volgendoli a vantaggio della cultura dei "vinti", degli esclusi, di coloro che non avrebbero mai dovuto avere cittadinanza nell'Italia egemonizzata dall'ideologia marxista ed azionista. A dire la verità, le definizioni non piacevano molto ad Accame il quale, da intellettuale raffinato, era capace di intendere le ragioni degli altri, di storicizzarle, di farle confluire nel grande mare di una cultura nazionale da ricomporre pena la fine della stessa idea di nazione. C'era un'ansia pacificatrice in Accame, insomma, che non si esauriva nell'attività di giornalista, di saggista, di animatore culturale, di agitatore di questioni "cruciali", di rivisitatore di autori scomparsi dai cataloghi dei grandi editori, di raccontatore di avventure dello spirito prima che delle idee come la Rivoluzione conservatrice tedesca, il "fascismo immenso e rosso" che non coincideva con quello storico, di un "socialismo tricolore" tutto da inventare quale pilastro di una nuova rivoluzione che conciliasse solidarietà e libertà, mercato e comunità, istanze individuali e bisogni collettivi. Un'ansia che si profondeva soprattutto nel cercare tra le pieghe della vicenda nazionale le ombre di una grandezza perduta non in chiave sciovinistica, quanto per dare un senso all'"unità di destino" che un Paese deve necessariamente avere se non vuole rinunciare ad essere soggetto storicamente rilevante. Quando nel 1980 gli chiesi di scrivere la prefazione al mio saggio su Carlo Costamagna, suo amico e maestro, fu particolarmente felice perché l'occasione gli parve propizia a saldare un vecchio debito di riconoscenza con uno dei più grandi pensatori del Novecento, ma anche perché, attraverso lo studioso ligure, poteva dimostrare quanto la cultura italiana fosse immersa in quella europea capovolgendo l'assunto secondo il quale era invece estranea ad essa. E dunque la rivendicazione della continuità tra le esperienze intellettuali degli anni Trenta e la modernizzazione di un pensiero "tradizionalista" ben presente nel dopoguerra italiano è stata per Accame quasi una sorta di missione tesa a "gettare" i semi di una rinascita politica attraverso la fioritura del dibattito intellettuale. A tal fine fu vicino, negli anni Settanta, alla corrente culturale della Nuova Destra; diresse con questo spirito il "Secolo d'Italia" dal 1988 al 1991; scrisse libri che hanno lasciato il segno; sostenne dibattiti sulla modernizzazione delle istituzioni fedele a quel presidenzialismo colto a piene mani dalla collaborazione con Randolfo Pacciardi ed il movimento Nuova Repubblica. L'eredità di Accame è nella sua opera, ma anche nell'esempio offerto alle generazioni più giovani. A ottant'anni era un vecchio ragazzo, fedele agli ideali della sua giovinezza e ad una storia che viveva nelle sue carni. Non dimenticherò le pieghe amare sul suo volto quando si sentiva tradito da coloro nei quali aveva riposto fiducia. E ricorderò sempre il suo sorriso quando scopriva le sue verità nelle parole di chi gli era lontano.

Ci mancherà come può mancarci un maestro perduto.

Gennaro Malgieri

sabato 11 aprile 2009

Raccolta Materiali e Beni di primi necessità per i fratelli abruzzesi colpiti dal terremoto

Raccogliamo materiali e beni di necessità quali, coperte, piatti e bicchieri di carta, acqua, bevande, zucchero, sale, pasta, riso, scatolame vario, pannolini, omogeneizzati, e qualunque altra cosa non deperibile, a lunga scadenza e sigillata.

Il materiale raccolto sarà consegnato alla Protezione Civile allo scadere di ogni settimana da Giovedì 9 c.m.

Per depositare il materiale raccolto è necessario contattare i seguenti numeri:

331 23 14 880

333 49 53 391

venerdì 10 aprile 2009

"Salerno Futurista" per il 40° anniversario della "Rivolta di Battipaglia"


L'associazione culturale "Salerno Futurista - CasaPound Italia" in occasione del 40° anniversario della "Rivolta di Battipaglia" è scesa in piazza Aldo Moro a Battipaglia, proprio il 9 aprile, per ricordare alla popolazione battipagliese e a tutta la provincia salernitana i motivi dei moti e le due vittime Carmine Citro e Teresa Ricciardi. "La chiusura del Tabacchificio e dello Zuccherificio battipagliesi crearono l' "humus" adatto per la scintilla della rivolta. - afferma Guido D'Amore, segretario di Salerno Futurista - Subito alle famiglie si affianco tutta la popolazione battipagliese, senza differenze politiche. Per la prima volta in prima fila ci fu il movimento giovanile dell'MSI. Quindi come elemento da non sottovalutare ci fu anche il germe di una possibile collaborazione tra opposte fazioni, non considerando i non facenti parte il proprio gruppo come 'nemici' ." Distribuiti volantini con il testo di una canzone composta dal cantastorie Franco Trincale dedicata alle vicende battipagliesi.

mercoledì 8 aprile 2009

Ecco cosa è l'informazione in Italia. VERGOGNA

Servizio del TG1 del 7 Aprile 2008 - Edizione dell 13:30 Quel che resta di un evento come il terremoto che ha colpito l'altra notte L'Aquila e l'Abruzzo.
Questa giornalista e il suo direttore non provano nemmeno un po di vergogna nell'autocelebrarsi degli ascolti fatti grazie a questa immane tragedia.
Nonostante questa dichiarazione di pessimo gusto sia avvenuta ieri ne sui giornali ne negli altri telegiornali hanno detto nula.
Si sa i soliti benpensanti sanno solo scaglirasi contro emilio fido quando fa la guardia al berlusca e mai contr un tg rai perchè si sa in italia è sempre tutta colpa del berlusca(che avrà senza ombra di dubbio molte situazioni oscure)erò vorrei vedere i vari travaglio, santoro, curzio maltese e compagnia bella mettre alla gogna anche il tg 1 e non solo ci non la pensa come loro.
Ma si sa loro so più sciacalli del tg1 che tutt'ora con i loro discorsi cercano di dire che questa tragedia è colpa del governo e del nano.

Gli Sciacalli intesi come animali so 10.000 volte meglio di questi individui perchè almeno loro lo fanno per sopravivere e non come loro per fare nutile demagogia.
Pur troppo a noi ci obbligano pure a pagare il canone per far arricchire sti str.... , invitiamo tuti a boicottare programmi come questi e spegnere il televisore di fronte a ste infamate.
Giornalita terrorista

lunedì 6 aprile 2009

FRATELLI D'ITALIA





Partecipiamo tutti alla ricostruzione de L'Aquila; una nazione, un popolo!
L'Aquila è una tragedia nazionale, che diventi la prima pagina della fratellanza nazionale!

I morti sono parecchi, i senza tetto tantissimi: si parla di quarantacinquemila persone. Nella prima mattinata si sono avviate immediatamente le operazioni di contatto per poter organizzare il volontariato di pronto intervento. Casa Pound Italia ha lanciato la mobilitazione nazionale per il sostegno de L'Aquila.

A sostegno di quest'iniziativa si è impegnato il Mosaico Romano, autore di quella sinergia d'intenti che ha prodotto la campagna per i bambini di Gaza la cui prima fase si è conclusa proprio poche ore prima del sisma abruzzese. Immediatamente il Soccorso Sociale e Foro 753 hanno deciso di intervenire. Siamo certi che le altre organizzazioni, associazioni e sigle non resteranno a guardare.A Rieti, intorno al Comune, si è già instaurata la sinergia tra Sala Macchine Teseo Tesei, Casa Pound e Area. Oggi e domani al Comune reatino c'è la raccolta di coperte e di acqua, le prime cose richieste dai terremotati.

Per più canali è stata contattata la Protezione Civile che ci farà sapere se sarà possibile recarsi sul posto ad aiutare concretamente cosa che, siamo certi, in moltissimi si augurano di fare.In subordine si potrà sostenere la causa aquilana in diverso modo; dalla raccolta delle coperte e dell'acqua, già in corso, a eventuali donazioni di sangue o denaro, o viveri o, forse, oggetti di utilità quali tende, pale ecc.La situazione sarà più chiara nelle prossime ore e sapremo se sarà possibile dare un sostegno fisico diretto, se potremo cioé dare non solo figuratamente una mano bensì essere partecipi dei destini di tragedia e di speranza della nostra gente o se saranno altre le forme di aiuto che ci verranno richieste.Quale che sia lo sviluppo, dobbiamo fare della tragedia de L'Aquila un'occasione di solidarietà nazionale e dimostrare a tutti che un popolo c'è.

Invitiamo tutti a contattarci, magari offrendo per il momento la semplice disponibilità ad essere contattati per conoscere il ventaglio di possibilità d'intervento.Iniziamo con l'elencare i primi contatti utili.

Casa Pound Italia: massimo.carletti@gmail.com Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. 3490675700

Mosaico Romano: mosaicoromano@virgilio.it Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. 3492889419

Rieti: manufestuccia@hotmail.com Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. e 3346746455

e inoltre: ga@gabrieleadinolfi.it Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. 3391262293




Coraggio, uniamci a coorte.

L'Aquila è una tragedia nazionale, che diventi la prima pagina della fratellanza nazionale!

Tratto da noreporter.org

venerdì 3 aprile 2009

Craxi a CasaPound: botta e risposta Foschi - Iannone

roma: foschi (pd), inopportuna presenza stefania craxi a casapound

Roma, 2 apr. (Adnkronos) - ''Ritengo sicuramente grave e inopportuna l'annunciata partecipazione del sottosegretario agli affari esteri Stefania Craxi ad una manifestazione organizzata dal movimento di estrema destra Casa Pound, un movimento che si richiama esplicitamente a valori neofascisti''.
È quanto afferma in una nota il consigliere regionale Pd, Enzo Foschi.

''L'allarme lanciato dal presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici sulla ricostituzione di gruppi neonazisti e neofascisti nella Capitale rischia di cadere ancora una volta nel vuoto della retorica - sostiene Foschi - Sono convinto che, se si vuole davvero che agli appelli seguano i fatti, sia giunto il momento di tracciare un confine netto e chiaro tra il campo delle forze democratiche e quei gruppi politici che continuano a coltivare un'insopportabile ambiguità di scelte e comportamenti nelle propria azioni, nelle proprie iniziative e nei propri slogan. Ritengo sia dovere del sindaco Alemanno non fermarsi alle dichiarazioni generiche ma assumere una presa di posizione netta e chiara nei confronti di quegli esponenti della maggioranza (o addirittura del governo!) che coltivano rapporti con i gruppi dell'estrema destra''.

roma: iannone (cpi), inviteremo foschi a casapound quando avra' qualcosa da dire

Roma, 2 apr. (Adnkronos) - "Purtroppo l'agenda di CasaPound, per i prossimi mesi, è satura d'impegni". Lo afferma Gianluca Iannone, presidente di CasaPound Italia, in merito alle dichiarazioni di Enzo Foschi, consigliere regionale del Pd nel Lazio, sulla presenza del sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, nello stabile occupato di via Napoleone III, a Roma, per la conferenza incentrata sulla figura di Bettino Craxi.

"Quando anche Foschi avrà qualcosa da dire, saremo ben lieti d'invitarlo - aggiunge il leder di Cpi - Certo dovremmo aspettare a lungo, prima che la sua esperienza culturale, politica e di vita sia paragonabile a quella dei numerosi ed illustri ospiti che nel corso degli ultimi anni hanno tenuto conferenze nella sede di via Napoleone III".

"Per il momento - conclude Iannone - il Foschi dovrà accontentarsi d'impostare la sua attività poltica su tutto ciò che ruota attorno noi, e di vivere illuminato dai riflettori che Casapound gli fornisce".

Replica di stefania craxi

Roma, 3 apr. (Adnkronos) - ''Da sinistra mi hanno accusato di essere andata in missione nell'ultradestra per conto del mio 'padrone'. Loro parlano di 'padroni', ragionano così. Ma io ho incontrato solo persone gentili, intelligenti, attente. Tra le due civiltà c'e' un abisso. Anzi, direi che civiltà si puo' definire solo la destra, che questa sinistra civile non è''. A parlare è il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, che ieri sera è stata ospite a Casapound, nello stabile occupato di via Napoleone III, a Roma, per presentare 'La mia vita è stata una corsa', il documentario su Bettino Craxi realizzato dalla Fondazione che porta il suo nome.

mercoledì 1 aprile 2009

Comunista camorrista, l'era dell'impunità è finita.

Sei studenti moooolto attempati, tutti appartenenti all'area dell'antagonismo, di sinistra sono stati identificati e denunciati in stato di libertà per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale aggravate, danneggiamento aggravato e tentate lesioni. Gli indagati avrebbero tentato di aggredire lo scorso 26 marzo, con mazze, cinture e altri oggetti contundenti alcuni studenti di destra, ferendo due poliziotti e danneggiando il box della Polizia ferroviaria situato all'interno della stazione ferroviaria di piazza Garibaldi.

L'indagine è stata condotta dagli agenti della Digos. Ai sei studenti di sinistra i poliziotti sono arrivati attraverso la visione dei filmati del sistema di videosorveglianza della stazione, acquisiti subito dopo i fatti.

Gli apprendisti stregoni dell'odio antifascista ancora non hanno capito che in nome di idiozie costruite sul nulla stanno mandando allo sbaraglio i loro stessi ragazzi, cominciando ad avere sulla coscienza denunce e galera in cambio di aumenti di stipendi o poltroncine per chi è politicamente all'acqua alla gola