mercoledì 28 maggio 2008

UN VERME.


E' ormai chiaro che l'attuale presidente della camera, che non perde occasione per umiliare che gli ha consentito di occupare la terza carica dello stato, non conosce il regolamento di Montecitorio. Questa mattina, l'Onorevole FINI - dopo l'intervento di un esponente del PD diffamatorio nei confronti di GIORGIO ALMIRANTE -è intervenuto prendendo posizione contro l'intitolazione di una strada di Roma al leader storico del MSI perchè sottoscrittore di frasi definite "vergognose".

L'On FINI - che giusto una settimana fa ha celebrato proprio Almirante nel ventennale dalla sua morte - evidentemente ignora che chi ricopre una carica istituzionale non può assolutamente esprimere una posizione politica nè replicare ad un deputato. Siccome non è la prima volta che capita, forse dovrebbe pensare alle dimissioni per incompetenza e cialtroneria manifesta.

Per il resto, volendo sorvolare su questo spiacevole vizio di forma, va chiarito ai più giovani che, se non fosse stato per Almirante - statista e politico onesto di indiscusso spessore - GIANFRANCO FINI starebbe ancora cercando di diplomarsi all'istituto magistrale di Bologna, visto che - tra l'altro - fu persino bocciato in quarta ginnasio. Infatti, nel 1977, alla prima assemblea nazionale del Fronte della Gioventù, Marco Tarchi (candidato di punta dei rautiani) vinse con 49 voti su 99 votanti, ma Almirante decise di non nominarlo preferendo scegliere Fini che era arrivato solo quinto. Dieci anni dopo, nel settembre 1987, alla festa del partito a Mirabello, sempre Almirante lo indicò pubblicamente come suo successore alla segreteria del partito imponendo ai delegati al congresso del MSI di Sorrento di votare per l'attuale presidente della Camera, benchè la maggioranza del partito fosse a favore di Rauti. Ecco, questa è, in estrema sintesi, la storia di Fini. Un bipede privo di spina dorsale disposto ad abiurare l'uomo a cui deve tutte le sue fortune e a dire tutto ciò che trova consenso nei suoi oppositori pur di essere santificato sui giornali progressisti. Il nome Gianfranco lo deve ad un suo cugino ucciso a vent’anni dai partigiani, quando era da poco passato il 25 aprile 1945, oggi lui è diventato il campione italiano dell'antifascismo più ottuso e reazionario. Il suo patrimonio a Daniela Di sotto, sua ex moglie già sposata col suo ex migliore amico Sergio Mariani, la quale non ha esitato a lasciare per mettersi con una specie di cacciatrice di dote, una certa Elisabetta Tulliani.

La dignità? Quella purtroppo non è riuscita a rubarla a nessuno.

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