domenica 3 maggio 2009

La fiat sbarca in america chiudendo Pomigliano.

Günter Verheugen, il commissario UE per l'Industria, non più di una settimana fa, è stato attaccato da tutti i media nazionali per aver espresso tutte le sue perplessità su una azienda che, pur essendo fortemente indebitata, è stata capace di aprire una lunga trattativa con l'Opel e acquisire una quota azionaria molto rilevante di Chrysler. L'osservazione del Commissario non era imprudente, eppure metà Governo si è sperticato nell'elogio di un'azienda che ormai di italiano ha solo il marchio.

Infatti, se in Francia si producono quasi sei milioni di Renault, nelle Italie non si arriva nemmeno alla metà per quanto riguarda la produzione di Fiat. L'azienda di Torino punta alle Italie solo quando deve ricorrere alla CIG straordinaria per gestire crisi pilotate e succhiare i soldi del contribuente, ma - se si tratta di investire - opta sempre per il mercato estero. Tanto è vero che la maggior parte delle autovetture Fiat sono prodotte in Polonia e Brasile, dove cioè il costo del lavoro è molto basso.

Così, mentre la Fiat cresce, i dipendenti vengono messi in mobilità nel disinteresse totale di media, governo e sindacati. Lo stabilimento di Pomigliano D'Arco sta per chiudere lasciando in strada 20.000 persone e, intanto, le c.d. forze sociali elogiano la Fiat. Epifani, per festeggiare il 25 aprile, ha speso 1.500 euro per due notti in un albergo a Milano; cifra con la quale gli operai in cassa integrazione guadagni di Pomigliano vivono quasi 3 mesi. E se è pur vero che da un Governo lombardoromano poco si può pretendere, non si può di certo ulteriolmente tollerare il silenzio-assenso dell'intellighenzia meridionale.

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